AS T R A L E A
Senti il fiato sul collo? Freddo e gelido come la morte, scappa fino all'orizzonte, nasconditi nei vicoli più bui.
Le rumorose risate, le chiacchiere continue, l’alcol che veniva versato a fiumi all’interno di quelle immense caraffe: tutto era vivo all’interno della Luna Feconda. La taverna non era sicuramente tra le più rinomate, molti dei più assidui frequentatori erano “forestieri” come ti era più gradito chiamarli. Ormai ti eri stabilita all’interno di quella città da svariati mesi, nonostante non riuscissi a stare nello stesso posto per troppo tempo, la pace che regnava su Astralea aveva leggermente quietato il tuo animo così turbato. Eri riuscita ad integrarti decentemente all’interno di quella nuova comunità; avevi trovato un lavoro stabile all’interno della biblioteca e tutti erano stati comprensivi mentre sfogavi le tue ansie per le catastrofi a cui avevi assistito. Eppure ancora ogni notte i fantasmi del passato venivano a tormentarti, mentre riprendevi le forze nutrendoti dell’etere all’interno della piccola e angusta stanza che affittavi. Pensavi che fuggire da un luogo all’altro avrebbe scacciato quei demoni notturni, eppure nonostante durante il giorno riuscissi a concentrarti sulle tue numerose faccende, nella tranquillità della notte non c’era niente a fermarli. Guidati dal chiarore della luna che trapelava dalle sporche finestre della locanda, essi ti raggiungevano, incolpandoti della loro fine. Ti destasti da quelle paure e il tuo sguardo perso nel vuoto ritorno sul boccale ancora pieno, eri nauseata da quella confusione circostante e la scura birra che trangugiavi non aveva ancora avuto effetto sul tuo corpo, ti rendesti conto che quella notte non potevi tornare nei tuoi alloggi. Non eri abbastanza coraggiosa per affrontare i volti dei cari che avevi abbandonato. Sempre più spesso ti stavi appoggiando all'aiuto di svariati nettari alcolici per affrontare quelle notti, era un modo come un altro per fuggire e per dimenticare, eppure non sta sera. Spossata dal chiasso e dalle gioiose risate dei forestieri che ti circondavano decidesti di andartene. Come potevano essere così spensierati? Forse li guardavi troppo superficialmente, forse in fondo tutte le creature del mondo stavano soffrendo per i loro fallimenti ed errori. Eppure i tuoi errano innumerevoli e giganteschi. Pagasti il conto uscendo dalla taverna, a quell’ora della notte nessuno girava per le strade, la vita notturna si svolgeva nei luoghi come quello che avevi appena abbandonato. Iniziasti a camminare, senza una vera meta nelle strade di Astralea. Non dovevi temere ladri o assalti, anche nelle vie più buie la criminalità era stata quasi completamente spazzata via da quel luogo. I Jin potevano anche essere una razza giovane, magari ingenua, ma dediti alle loro mansioni in maniera quasi sacra. Per questo una società del genere era riuscita a crescere e diventare così grandiosa in poco tempo. Li ammiravi, eri una di loro, eppure così diversa. Per quanto quel luogo ti desse pace, sentivi di non appartenergli veramente, non ne eri abbastanza degna. Quel pensiero, quasi ossessivo, continuava a corrodere la tua mente e sapevi che presto o tardi, avresti di nuovo abbandonato tutto per scappare via. Forse un giorno saresti tornata e vedendo quelle immense e perfette costruzioni, ti saresti sentita come a casa. Continuasti a vagare nelle buie strade, perdendoti nei tuoi sogni e pensieri, scappando dai fantasmi che quieti attendevano nella tua stanza della locanda. Fuggivi, perché era il tuo talento. Perché temevi di soffrire ancora o di fallire affrontando gli ostacoli della tua vita.
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