Moontide - Forum GdR fantasy

Lucescit, Capitolo II

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view post Posted on 26/3/2020, 17:26
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Mi sei sfuggito, strazio nero; ti sei sottratto a me. Brillano ancora le loro luci alle mie spalle, mi accorciano il fiato, e io ti ho perso. Sei buio come il cielo, io non ti distinguo da esso, non lasci odore: come questo mondo marci in silenzio nella tua mole impossibile, e io ti ho perso. Ma anche io sono buio, anche io marcio in silenzio nella mole impossibile del mio dolore, e mi perderanno. Queste mani sono violente, inadatte a una preghiera, sanno diventare spine e mai rose. Ma non hanno forse le spine tanta bellezza quanto i fiori che proteggono? Rosse come Batra, falciano: falciano gli steli e i giunchi giovinetti che mi incespicano il passo, falciano i rovi a cui mi accomuno, falciano i rami oblunghi dei padri loro più antichi. Urla di uomini appuntiti, lingue forestiere, baccano di armi e di stivali che smottano la selva. Luci di roghi carmini, roghi branditi come armi da guerra. Eccolo qua il tuo figlio diletto, Maz'Greban: braccato come l'ultima stirpe di un Dio cupo, come un quadro di caccia, un animale da pellame. Eppur vivo e fulgido, non riesce che scapparmi questo sorriso del vivere a tuo discapito, non posso più altro che sorridere di ogni maledizione che mi lancerai, ora che da questo tetto di neve sei così piccola e impotente. Quasi mi viene da pensare che sia adatto alla tua colpa che tu ora rimanga a guardare inerme il tuo sposo bambino baciare forte la tua sorella fratricida; vivere nell'ombra del tradimento la più giusta delle condanne. Ma io non sono un giusto, Maz'Greban. Io sono fiele sulla bocca dei poveri e lacrime amare. Io non troverò pace finché non vedrò infrangerti in mille spine di vetro, cadere staccata dal cielo su ogni capo: senza senno, senza giudizio, come la pioggia e il tempo. Chetati e non luminarmi, resta zitta ora, intrappolata nelle chiome degli abeti aguzzi, mentre il mio soma ferale si spinge tra le dune candide, scattante prima da un lato e poi da un altro, si sciacqua del fortore del sangue muovendo passi di piombo. Sono ebbro di una forza terribile, nata per scempiare, di tutto ciò di cui mi privasti ora sono così pieno da non riuscire a contenerlo e falcio: falcio i pini appena nati e i rovi che rifugiano i merli, e i merli con essi, i pioppi immaturi e le fronde scroscianti scranna di stormi, falcio questa natura aulente finché Mitride non si accomunerà alla sua sorella terribile per colore e fama. Perché mi privasti di una cosa sì bella come la verve, perché mi hai tenuto come un passero in gabbia fino a fare le mie ali d'ornamento? Per paura? Per odio? Non importa più, mi basta il tuo sangue complice per non aver mai più sete, mi basta saperti spalancata sulla realtà che fuggi. Per ora.

Nelle boscaglie di Andrasva, l'Ouranide buio fugge dalle sentinelle dell'intreccio. Com'era bello un tempo il suo crine esangue e la sua figura virginale: un gelsomino fatto uomo, una zagara profumatissima. Ora più lupo di chi ulula, mannaro della luna nera, sangue di sangue amaro. Torbido il suo sguardo come le acque reflue, freccia tra i rami ghermigli e le fronde bagnate di cristalli mai uguali l'un l'altro. Fugge per ore sinistre che scorrono sulla pelle senza riuscire mai a fargli timore: solo gaudio, solo gaudio di tanta forza, di tanto fiato. Carponi come una lupa sterile, aggredisce l'esercito di fronde impreparato a tanta foga, cinge i tronchi doppi a lui per età con lame curve e si propelle in salti furibondi su tane di lepri, nidi di assiolo, rovi insufficienti. I fiati dei corni elfici e le loro pallide fiamme sempre più lontante, mentre la boscaglia si arrende e libera l'occhio a una tundra alopecide, sempre men fitta. Ora ella che è bianca è libera di splendervi addosso con tutto il suo giudizio gravoso, di voltarlo in sale e poi in una pozza di neve sciolta. Ma il suo animo pare troppo buio per simili ricatti, egli ha teso la mano a un signore tanto innominato da non potersi trattare di fede. Solo odio fermentato.

La notte è ancora lucida e tersa, quando, spogliatosi ormai di ogni crosta di sangue nero lavato a schiaffi di ghiaccio, intravede il perfetto riposo di un Dio ferito. Come straziata da mani di un titano invincibile in un tempo antico, la terra si squarcia in una voragine oblunga che si fionda verso un buio ancor più nero della notte, dove neanche il fitto candore lunare penetra. La ferita procede fin dove i suoi occhi nebulosi riescono a spingersi, e lui non ha dubbi, non si interroga. Ripresa come in una beffa ferale una posa quasi umana, vi si addentra senza bussare o tacere, né come un ospite né come un ladro, discende i suoi pendi fino alla culla di roccia, muschi e pozze di acqua brinata. La ferita si slarga, è come di un coltello girato nella piaga, e poi trascinato su tutto il corpo macellato del Katea. E come una ferita in lentissima guarigione, dopo alcuni piedi di strilli di ferro sui massi aguzzi, inizia a rimarginarsi fino a prendere la forma di un lungo abisso nero, privato del sole da rampicanti centenari e pietra crepata. Il perfetto riposo di un Dio ferito, quale ora il suo senno gli suggerisce di essere, dove leccarsi via di dosso ogni residuo di placenta di una nuova nascita


M5Efu7u




e38VX8N

Salute: 150-----------------------------------------Arrokoth---------------------------------------Energia: 50


Slot tecnica utilizzati: 0----------------------------------------------------------------------------------------------- Slot capacità utillizzati: 1


Capacità attive

● Armi cangianti: Le braccia di Arrokoth sono vermiglie e traslucenti, impossibili da definire in una forma. Esse possono mutare in tutti i tipi di armi da mischia, a patto che il guerriero sia in grado di sollevarle, diventando resistenti come l'acciaio comune.


Generatori

--------------------------------------------------


Tecniche utilizzate

--------------------------------------------------


Stato Psicofisico

Eccitato, furente.


Riassunto azioni

Primo post della giocata di introduzione, nonché prosieguo del racconto Ad Eclipsim. Arrokoth, fuggito dalle guardie elfiche, si mette dapprima sulle tracce del drago nero che risvegliò il suo animo, ma lo perde velocemente di vista tra il buio e la boscaglia dell'Andrasva. Procede dunque senza altra meta se non la fuga, in una furia "Don Chisciottesca" rivolta alla selva e alla selvaggina locale, contro la quale si avventa ebbro del suo nuovo potere. Continua a mietere la boscaglia fino a giungere a una tundra più aperta, nella quale trova un profondo squarcio che si inoltra nel terreno, dapprima come un Canyon, e poi come un'alta grotta sotterranea. Alcuni dettagli sono stati previamente concordati con il correttore. La scena si interrompe con il suo ingresso nella parte chiusa della fenditura.


wh0tDw9

 
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view post Posted on 3/4/2020, 01:55
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- ... Sei tornata.
Nel profondo della grotta scura, scura, si accese una tenue lucciola. C'era una faccia rotonda, con guance pallide e due grandi occhi neri, che riflettevano il ventre chitinoso dell'insetto. La luce continuava a tremare e si spostava ora sulla fronte e i capelli ricci, ora sulla maglia di lana e i suoi numerosi buchi. Era sporca di fango. La bambina ansimava scaldandosi le mani con il suo fiato. E presto si aggiunsero altri piccoli respiri, passi affrettati nel buio, che si facevano vicini per sentire che cosa avesse da dire la più grande del gruppo. Uno di loro, che era davvero ghiotto, non volle aspettare oltre. - Allora, l'hai visto?, allargò le narici e l'annusò due, tre volte.
- E com'è secondo te? È dolce, dolce?
Ci furono dei soffi, degli schiamazzi e altri versi di concitazione: tutti quanti non vedevano l'ora di saperlo. Ma la bambina diede uno spintone a quello che le stava più addosso e allontanò i restanti compagni agitando le braccia. Aveva spaventato pure la sua lucciola. Una volta ottenuto il silenzio, parlò con sdegno e un filo di voce, come se volesse evitare di svegliare qualcuno che dormiva.
- È uno che fa paura. Non possiamo prendecerlo da soli, è troppo pericoloso.
Pericoloso, le fece il verso qualcuno che non padroneggiava ancora la lingua. Che fosse pericoloso, da soli, gli altri non sembrarono affatto contenti e neppure del tutto convinti. Una schiera di occhietti se ne stavano fermi a guardare la portavoce, testardi, o forse troppo affamati per rinunciare ai loro barlumi di speranza. E un'altra luce poi s'era accesa alle loro spalle, questa volta più concreta. Il volto del ragazzino che la portava brillò come un fuoco fatuo, incorniciato da capelli lunghi e sottili, simili alla paglietta scolorita dentro l'armadio, e un sorriso da vero furbetto.
- Non importa. Andrò a giocarci io con quello. Voi state nascosti qui per un po', finché non torno.
Se lui s'era offerto, lo lasciarono fare. Ma è pericoloso!, ripeté lo stesso moccioso di prima, anche se nessuno gli prestava attenzione. Non poteva capire. La bambina più grande prese lui e un altro per le spalle e, insieme, se ne tornarono ad accucciarsi nel loro rifugio. Un giaciglio nella bocca della terra, dove si distraevano con i suoni e gli odori e si tenevano abbracciati per combattere il freddo.

. . . . . . . . .

Proseguendo per lo squarcio nella montagna, l'estraneo si addentrò in un luogo spoglio e desolato in cui, a farla da padrone, erano la pressione e il lezzo sulfureo nell'aria. Sopra la sua testa scomparvero i rampicanti che, per quanto fitti, avevano lasciato trasparire il chiarore della luna bianca. Al loro posto troneggiava un soffitto altissimo e nero come la notte, di cui poteva prendere una misura sommaria soltanto grazie all'eco che producevano i suoi passi. L'umidità della grotta si raffreddava e raccoglieva nella forma di gocce d'acqua che precipitavano a terra, numerose come i rimasugli di una pioggia, in altrettante pozzanghere. Alcune di queste, avrebbe forse scoperto, erano più profonde delle sue ginocchia. Plic, plic. Ma non era l'unico suono presente nei dintorni. A tendere l'orecchio, avrebbe potuto sentire uno scambio di acuti squittii provenire dalle profondità oscure. Si muovevano, a volte, col battito di piccole ali, come se fossero stati infastiditi della sua presenza. Si nascondevano nei cunicoli e nei vicoli ciechi che si districavano ora di fronte a lui, anche se non li poteva vedere. D'un tratto un sassolino colpì la parete alla sua sinistra. E poi un altro ancora, questa volta pericolosamente vicino alla sua faccia. Una risata infantile riecheggiò nella grotta, provocando il fuggi fuggi dello stormo di pipistrelli. In mezzo alla confusione l'estraneo vide baluginare una lucciola e riconobbe la figura di un grosso animale, alto e dalla peluria grigia. Oppure, si trattava di un ragazzino umano. Per quanto flebile, l'alone giallognolo era l'unica fonte di luce. Si muoveva rapidamente, spegnendosi e accendendosi a intermittenza, e se ne stava attaccato alle spalle del cavernicolo.
- Prendimi, se ci riesci!, gridava tra una risata e l'altra, saltando con agilità sopra i massi rocciosi e addentrandosi per le vie strette.
Conosceva quel posto sotto la terra come le sue tasche, che pure erano sgualcite. La sua voce suonava come un gioco e si faceva ora grande, ora lontana e sottile come un sussurro. Dopo averlo incontrato la prima volta, non ne voleva sapere di lasciar andare il suo ospite inatteso.



SPOILER (click to view)

QM POINT
Caro, benvenuto nella tua giocata di introduzione. Come già ti ho detto, ho pensato a un piccolo twist dentro i confini della trama che abbiamo concordato. Non avrai tempi di risposta da rispettare, quindi prenditi tutti i giorni che ti servono per rispondere con calma, nei limiti del buon senso. Io, invece, cercherò di non fare più tardi di una settimana per turno. Promesso!

Nella prima metà della storia ti presento un gruppetto di bambini che abitano nella caverna e di cui Arrokoth è all'oscuro. I loro dialoghi sono intenzionalmente tutti in nero; per amor di chiarezza, in questo post sono in quattro di loro a parlare. Il quarto è anche lo stesso ragazzino che decide di venirti a stuzzicare, più vicino all'ingresso della grotta. Ti tende un'imboscata e lancia contro dei sassolini, sfidandoti ad acchiapparlo. Lo puoi vedere, anche senza bisogno di una fonte luminosa o auspex, grazie alla luce intermittente di una grossa lucciola che lo segue. Dunque, considera che per tutta la quest sarai sempre libero di agire come meglio credi, nel rispetto del tuo personaggio. Se decidi di inseguire il ragazzino, sarà oggetto di valutazione la strategia con cui ti ci avvicini. Non sarà facile, perché è molto agile e conosce a menadito gli angoli della caverna. Saresti libero di descrivere l'inseguimento e anche lo spazio attorno a te, che si fa via via più intricato e stretto. In ogni caso, però, non potrai descrivere in maniera autoconclusiva azioni di Arrokoth ai danni del ragazzino. In questo caso, inoltre, utilizzando la tua abilità di auspex sarai in grado di percepire una grande presenza, viva e pulsante, tutta ammassata dentro un'alcova in profondità.

Alternativamente, potresti decidere di non accettare la sfida e restare dove sei, o anche ripercorrere la strada fino all'ingresso della caverna. Essendo per ora parecchio aperta, la troveresti facilmente. Ma nonostante questo il ragazzino continuerà a tormentarti coi dispetti, mantenendosi a debita distanza oppure nascondendosi dietro i pertugi nella roccia. Utilizzare l'auspex, qui, non avrà altro beneficio se non quello di percepire la sua presenza in modo più preciso. Puoi intavolare liberamente un dialogo con lui, e sei incoraggiato a contattarmi per concordare le eventuali risposte in modo da snellire l'avanzamento della quest.

Per qualsiasi domanda, sai dove trovarmi! Ora, iniziamo le danze :marry:



Edited by Indovino‚ titubante - 4/3/2020, 07:16 AM
 
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view post Posted on 6/4/2020, 18:40
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Fattisi i rampicanti un velo di pietra che accieca lo sguardo sul cielo sempre più chiaro, il pertugio si addentra ancora mostrando la sua profondità complessa. Come arterie alveari del gigante Katea si dirama in vari cunicoli, ora larghi da farvi passare un carro, ora stretti da dovervi strisciare, e ivi si annaspa tra una pozza di ghiaccio malfermo e i muschi scivolosi sulle pietre calcaree. Quanta forza, quanta verve, che meraviglioso affanno nel divincolarsi dalle pozze e a grandi balzi stazionare ora su un masso ora su un altro. Meraviglioso affanno, non di pallida costituzione, ma di genuina fatica, di vero slancio atletico. Questo è l'unico pensiero che si muove nelle vesti infradicite che coprono il sesso e poco altro dell'Ouranide, mentre procede sinistro verso il suo letto di tenebre. Poi un fischio pressocché impercettibile, un clack di roccia contro roccia. Un secondo fischio, la torsione del collo porta il capo verso la spalla destra in un gesto ricco di istinti, primordiale. Un ciottolo sfiora la sua figura e rimbalza echeggiante contro le pareti scoscese. Una risata, genuinamente compiaciuta della precisione quasi perfetta del colpo, una risata come quelle che sbirciava dal suo altare illibato. Un bambino, senz'altro, lo riconobbe prima ancora che un qualche animale simile a un nottolino ne illuminasse il corpicino libero e selvaggio, il volto monello e la piccola stazza.

Prendimi, se ci riesci”, urla in tono di sfida prima di scomparire intermittente nella luce dell'insetto. Quale terribile coincidenza, prevedibilmente lo Zenita non fu il primo a notare quello squarcio abissale e volerci fare tana, ma chi vi risiedeva era un bambino. Spense gli occhi, calando il capo e rimanendo calmo, illeggibile nei suoi pensieri scuri. Ora il suo sguardo è una veranda sul bordo della notte, riapre gli occhi che sfumano dal grigio fumo fino a un rosso scarlatto, ed eccolo lì, il piccoletto. Illuminato ora oltre che dalla luce che va e viene da un dono di Meccabi, ricoperto di un fumo nero visibile solo agli occhi e alla mente di Arrokoth, nudo nel suo rifugio di roccia. Quasi, nella sua distrazione del seguire i movimenti scattanti di quel grillo di un marmocchio, non si accorge se non dopo lunghi secondi di un globo dello stesso fumo nero ben nascosto nelle profondità della grotta, in uno spazio che può ospitare una simile grande presenza. O forse tante piccole anime si stringono così tanto da parere un'unica forma indistinguibile. Saranno gli occhi a chiarire ciò che gli occhi della luna hanno reso palese, ma c'è un sentimento terribile che sta ribollendo tra le righe buie e le vene rigonfie dell'Ouranide. È invida, ne sono certo. Non voglio più guardare.


Osservalo, mentre lo segui con lo sguardo a passo calmo. Lui è come gli stecchini addobbati che nei giorni sacri facevano forme di falco fuori dal mio tempio vestale con acqua e farina. Che ridono di me, che ridono senza di me. Osservalo, ha le ginocchia sbucciate, i vestiti zuppi, è sporco e felice come non potrò esserlo mai più, è sazio della sua fame perpetua. Osservalo, è come Mitride e non conosce il sangue. È libero, lui, come io non potrò mai esserlo, è felice come io non saprei mai esserlo. Che tenerezza, fossi in grado di accoglierla davvero nel mio cuore questa dolce empatia che è giusta, è l'unico sentimento giusto da provare in questo istante. Avessi un cuore tanto saldo da perdonarti, come vorrei ora abbandonare le armi e correre con te, vorrei essere nato tra queste pareti di roccia e restare a giocare per sempre, è giusto. È giusto credere all'illusione di recuperare i nostri giochi proibiti, di vietarsi ogni tristezza, di perdonarsi e perdonare tutto il male per rifiorire, ginestre, è giusto ed è bello. È bello fingere, è bello perdersi in ricordi che non sono i tuoi, è bello guardare la vita negli occhi di chi l'ha baciata così tante volte, pensarsi fiero di ferite da corsa campestre, terrorizzato dalla notte e dalle sue leggende e ricordarsi che tornerà un'alba nuova con cui giocare a palla prigioniera, all'acchiapparella, a nascondino. Osservalo, è un rapace, o forse è una nottolina come quella che lo segue, è un figlio di questo mondo che è vario, è montagne ed è laghi profondissimi, sale e scende, si inerpica, si addentra, si zittisce solo ogni tanto ma urla, urla quasi tutto il tempo, urla come il garzoncello che correva con le forme di pane dolce a venderlo per la piazza bianca, così vicina, così distante; urla senza rabbia. Fammi tornare piccolo, se puoi, ridammi i miei lunghi anni tristi e poi ci penserei io, io saprei che farmene ancora oggi, meglio che ieri. Ho passato tanto di quel tempo a immaginare il giorno in cui sarei stato libero, e giuro che non era così. Sono così distanti i sogni dal reale, lo sono sempre. Sono così maldestri che sembrano il prodotto di una mente aliena che ha visto solo un quadro del mondo, un bel dipinto. Forse io sono così, ci saranno tanti orrori nascosti negli angoli bui dell'animo umano, non li conosco e temo di essere uno di essi. Mi viene da piangere, chi l'avrebbe mai detto che sono ancora umano, che tutta questa rabbia e questa forza la ucciderei ancora mille volte sull'altare del tempo per averne un po' indietro, un po' di quel sangue sulle ginocchia, un po' di quei nascondini; mi viene da piangere e non so farlo. Vorrei giocare con te, anche ad un gioco sporco e a mie spese, e non so farlo. Ma è bello ed è giusto fingere per un momento di aver vissuto come te: libero, felice, senza un pensiero che faccia a pugni con i tuoi pochi anni, senza la costante paura di stare invecchiando in una bolla di sapone. Io posso guardarti dentro, ho fatto tanti di quegli esercizi di finzione, di autoinganno, per spacciare la mia vita per la vostra, io posso guardare con gli occhi tuoi mentre rubavi le uova dai nidi. Osservalo, mentre cerco di tenere il suo passo in vano e tutta questa forza, tutta questa verve a che serve ora, che non posso neanche piangermi addosso?

Io posso guardare con i tuoi occhi e capire i tuoi saltacampana, comprendere il senso profondo della sfida che mi hai lanciato, ma non posso accettarla: non ho più mani per giocare. Nella mia testa c'è un vociare continuo, imperituro, una serpe che stringe il mio senno e lo domina, lo avvelena. Eppure ella mi ha dato la vita, e io gliene sono così grato che non posso che bearmi di tanto veleno, di tanta violenza. C'è un vociare continuo, imperituro, un sussurro che fischia nelle mie orecchie e che mi tinge del sangue dei Batridi. È giusto fingere di essere come te, per un attimo, per un attimo seguirti e fingere di stare al tuo gioco, sarebbe giusto mettere tanta rabbia al servizio di qualcosa di così puro e semplice. Ma io non sono giusto, Maz'Greban, e non sono come te. Io sono fiele sulla bocca dei poveri e lacrime amare, vorrei solo tu potessi vederlo chiaramente quanto io vedo ciò che ti frulla in testa mentre ti nascondi e riappari senza che io possa davvero seguirti.

E lo vedrai.



uPsFx0o





"Io riesco a guardare attraverso i tuoi occhi"

Un buio profondo si fa spazio tra le membra tristi di quell'uomo scuro, inadatto a una carezza, inabile alla compassione, il suo cuore ha un impugnatura ed è un'arma. Parole profane, nere, sussurrate a testa bassa con il chiaro obiettivo di quella peste scattante, risuonano proprio come se suggerite al suo orecchio da una madre assassina.

Osserva anche tu il buio dentro ai miei




e38VX8N

Salute: 150-----------------------------------------Arrokoth---------------------------------------Energia: 40


Slot tecnica utilizzati: 2----------------------------------------------------------------------------------------------- Slot capacità utillizzati: 0


Capacità attive

--------------------------------------------------


Generatori

--------------------------------------------------


Tecniche utilizzate

● Meccabishaar, occhio della luna III: Auspex. Il meccabisso è un figlio dell'ombra, nella quale sogna di spegnere anche l'ultimo lume, l'astro pallido. Abituato a combattere nel buio, e a sfidare nemici invisibili, egli è in grado di concentrarsi per qualche secondo per attorniare il nemico non visto di una fioca luce nera, visibile solo a lui, atta a guidare la sua furia.
[Consumo nullo, potenza nulla: durata 1 turno]


● Mutua distruzione: Fattura. Il Meccabisso manda un influsso psichico verso il suo avversario, che se non contrastato metterà a repentaglio la sua capacità di giudizio, portandolo in uno stato di furia incontrollata in cui non sarà in grado di eseguire complesse strategie. Questa tecnica perdura finché non viene contrastata adeguatamente, tuttavia non infligge danno.
[Consumo medio, potenza media]


Stato Psicofisico

Affaticato, Malinconico, rassegnato alla sua natura


Riassunto azioni

Post molto introspettivo che vuole indagare il difficile rapporto di Arrokoth con l'infanzia, per cui prova una profonda invidia, ma anche una dolce malinconia. Arrokoth nota il bambino e, ormai privo di emozioni forti, non risponde in alcun modo visibile alle sue "provocazioni". Concentrandosi per meglio visualizzarlo cerca di seguirlo rimanendo distante, senza sforzarsi davvero di individuarlo o provare a fermarlo, riflettendo su cosa fare davanti a un qualcosa di così difficile per lui da affrontare, in tutti i sensi. Avverte anche la presenza da te descritta nel fondo della grotta, ma del tutto concentrato sulla piccola peste, la ignora deliberatamente, decidendo di concentrarsi del tutto su quel bambino. Questo è esplicativo di come Arrokoth sia trascinato sempre da forze nuove e diverse e perda velocemente interesse nelle cose in favore di altre, come fosse un bambino anch'egli. Si intristisce terribilmente del fatto di non poter giocare con lui, sentendo che se davvero iniziasse a inseguirlo, la furia cieca che lo inabita prenderebbe il sopravvento, finendo per farlo a pezzi. Decide dunque di mostrare, così come egli sente di capire le ragioni del bambino, le sue ragioni ad esso. Sussurra dunque parole terribili in una lingua antica, che suonano come se sussurrate all'orecchio della vittima. Nel caso in cui la tecnica non verrà contrastata adeguatamente, il bambino potrà osservare quel che accade costantemente nella mente di Arrokoth, piombando in una furia cieca.


Note e osservazioni
- Nottolino/nottolina è un termine deliberatamente inventato da me, corrisponde al modo in cui gli abitanti di Zena chiamano le lucciole.

-Grazie per il bello spunto che mette un po' a nudo le intimità di Arrokoth e che mi ha portato a riflettere molto su cosa avrebbe fatto in questa situazione.


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view post Posted on 22/4/2020, 20:37
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- Che cosa blateri, stupido?
La voce del moccioso rimbombò divertita per la grotta. Si nascose nascose dietro una formazione rocciosa alta e puntuta, annaspando dalla fatica della corsa mentre si abbassava a raccogliere una pietra. Era grande quanto il suo palmo e la strinse forte nella mano destra. D'istinto, gli venne voglia di colpire qualcuno. Non se n'era accorto subito, ma ora sentiva uno strano vuoto allo stomaco. Erano trascorsi giorni dal suo ultimo, misero pasto, un piccolo marsupiale scottato alla brace. Aveva una buona memoria per quello che mangiava, talmente era un'occasione rara e piacevole. Era anche bravo a trattenere la fame, come tutti gli altri, perché chi non sapeva essere paziente faceva una brutta, brutta fine. Ma d'un tratto non riusciva a sentire altro che quella, la fame, come se qualcuno gli stesse grattando con un utensile in fondo alla gola. Riducendola a brandelli, fino a raggiungere le ossa. La lucciola fece brillare, per un istante, una pozza d'acqua fredda all'imboccatura della tana. Ma il ragazzino non ne poteva più sapere di aspettare, o di dividere il pasto con gli altri bambini. Posso tenermelo per me. Solo per me.

- Posso mangiarti?, e poi, alzando ancor di più il tono della sua voce, gli chiese ancora: Eh? Posso mangiarti?
Lo disse come se fosse una cosa del tutto naturale, mangiarsi le persone. Ma l'eco della caverna distorse ciò che restava del suo volto infantile, rivelando in anticipo il mostro che era. Gli angoli della sua bocca si allungarono in un ghigno inquietante. Sbirciò fuori dal suo nascondiglio per scrutare l'estraneo: proprio in quel momento, smise di essere un semplice ragazzo. Il soffio di Yvran corse per le sue pupille, dilatandole in un'unico bagliore azzurrognolo. Non aveva più bisogno di una fonte di luce, con quei due occhi grandi come fari. Fissò la sua preda e gli tolse i vestiti con lo sguardo, immaginandosi quanto dovesse essere tenero sulle cosce e sui fianchi. Non aveva molta carne addosso, ma tutta quella che c'era la voleva. La bramava così tanto da leccarsi i baffi con una lingua che non poteva appartenergli. E la mascella si deformò, allargandosi a dismisura. Mangiare, pensava l'omunculo, mangiare. Ma per potersi cibare doveva prima uccidere, uccidere.

Si lanciò su di lui per aggrapparglisi alle spalle, a tu per tu col suo muso deforme, e i grandi occhi azzurri si illuminarono come due piccoli soli. Eppure l'estraneo non avrebbe percepito altro che un freddo glaciale, dentro quella luce. Nella presa dell'influsso demoniaco, il ragazzino aveva acquistato la stessa tenacia di un pipistrello che si attacca alla faccia del malcapitato. Le sue nuove appendici erano feroci, la schiena ritorta, e i muscoli guizzavano con terrore sotto il velo di una cute grigia e sottile. Per ultimo, avrebbe sollevato la pietra che teneva in mano e gli avrebbe colpito il cranio, con tutta la forza di cui poteva disporre.



SPOILER (click to view)

QM POINT
Perdona l'assenza! Ma non mi dilungo con le scuse, perché è meglio guardare avanti (:

Dunque, hai compilato correttamente lo specchietto ed elaborato una strategia efficace, oltre che originale. In questo modo hai evitato che Arrokoth finisse per trovarsi nella tana del lupo, in netto svantaggio numerico. Per via della fattura, il ragazzino sbircia nel chaos che riempie la testa del tuo personaggio, attingendo poi al suo proprio calderone di mostruosità: la fame. Va quindi incontro a una metamorfosi che gli dona un aspetto vampirico e una forza sovraumana. Si lancia contro Arrokoth e utilizza la fattura di potenza media Accecare che, se non difesa, lo lascerà stordito come se avesse guardato dritto nel sole troppo a lungo. Dopodiché lo attacca con un'azione semplice ("rafforzata" dalla capacità attiva Tenacia vampirica), intendendolo colpire in testa con una pietra. Di seguito troverai uno specchietto tecnico del personaggio.

Dopo aver risposto all'attacco, sarai libero di decidere se attaccare a tua volta, continuando il combattimento, oppure fare altrimenti. Buon lavoro!




[ Prole di Yvran ]

Salute: 100
Energia: 80 (-20)
Equipaggiamenti: nessuno

CAPACITÀ (slot usati: 2/2)
Faro: la prole è in grado di orientarsi nel buio con occhi che brillano di luce propria.
Tenacia vampirica: la prole combatte con forza sovraumana, propria di una bestia feroce più che di un umano.

GENERATORI
Alterità: Una volta per turno, se la prole attiva o è sotto l'effetto di una tecnica di metamorfosi, ottiene uno slot capacità.

TECNICHE
Vampirismo: metamorfosi. La prole muta il proprio aspetto in una forma animalesca, assumendo una bocca larga e denti aguzzi, appendici ritorte e ossute.
[Consumo medio, durata due turni]

Abbagliare: fattura. Dopo aver incrociato lo sguardo dell'avversario, la prole emette una luce accecante dai propri occhi per stordirlo.
[Consumo medio]



Edited by Indovino‚ titubante - 4/22/2020, 10:56 PM
 
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view post Posted on 28/4/2020, 18:09
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“Posso mangiarti?”
Ecco la tua vera natura, questa follia rivela ciò che siamo tutti alla fine dei conti: mostri.
“Eh? Posso mangiarti?”
Hai guardato troppo a lungo, la montagna era stregata. Non avvicinarti a me, scappa. Lo sento, non c'è più tempo, lo sento. Perdonami.
Buio, di nuovo.

Cuore di grotta, parole di biasimo lisce, lisce sulla nostra pelle sulfurea, sui nostri occhi acquitrini. Ora puoi averlo, il gioco proibito in cui mi hai persa, eccolo qua tra i tuoi artigli freddi, freddi di onte mai vendicate, di carezze ruvide. Socchiudi la porta e lascia che le lucciole cantino altrove, parla con me, con noi. Mi vuoi ancora bene? No. Mi ami ancora o mi amasti mai? Forse. E allora perché piangi? Perché sono solo un sasso nel fondo del pozzo che è il tuo io, e ce ne sono altri mille come me smussati, ciottoli per giorni calcarei e per le nostre lingue salivose, laccati di inchiostri densi e pece. Piangi perché sono il tintinnio argentato del mezzogiorno, e quello della cena, campane da soggiorno: è tutto il suono che ricordi di me. Piangi perché sei stupido, piangi sempre, piangi nei momenti meno opportuni, piangi nel cuore della notte e sulla bocca del giorno, inondi il mondo delle tue lacrime cieche e i nostri profili di bosco si fanno radure alopecidi sulle linee. Scompariamo e affondiamo ogni giorno con meno garbo, con più fretta e meno senno, e tu ricordi sempre meno: la mia voce si mescola a quella di mille altre e chissà, chissà se l'inflessione e l'accento di campagna riescono ancora a farti sentire che sono tua, che sono sangue del tuo sangue e sono sporca e pulita, come gli abiti lindi di cenere, che sono sporca e pulita. Ti manco? No. Mi odi o mi odiasti mai? Forse. E allora perché ridi? Perché non sei più che gli abiti che indossi, non sei oltre i tuoi calzoncini corti e la lanugine nelle tue tasche, finisci dove tocchi con le dita e chi vuoi che ti accusi per questo? Ridi perché non puoi fare altro, ridi sul cuore della notte e sulla bocca del giorno, ridi sempre, ridi nei momenti meno opportuni. Puoi ancora provare rabbia? Forse. Sei arrabbiato perché ti mancano i tuoi denti da latte e la tua pelle setosa di implume, e neanche sai più quanta tristezza vigeva. È così facile pensare che si stava meglio, è così necessario. Ti ho amato? Troppo. Ti amo ancora? Non lo so. Tu mi rattristi, sei come un pesco che sboccia veleno, un albero di serpenti, se vogliamo, sei come il fango e cosa sei? Terra? Acqua? Non hai ancora deciso, non sai mai decidere, tu; mi disgusti. Fa male, fa malissimo essere un coltello nel tuo fianco, ma è l'ultimo piacere che mi resta e dovrai farmi la cortesia di lasciarlo mio. Tu vuoi strapparmi al cielo, vuoi ghermirmi con le tue braccia lunghe e spogliarmi, sporcarmi per sempre e divorarmi l'anima un morso alla volta, fino al torsolo, e poi neanche quello. Ma noi siamo pace e guerra, c'è un covo di pirati nel nostro cuore e banchettiamo, brindiamo, cin cin, cin cin. Hai paura che tutto questo sia reale, sia semplice quanto appare, hai paura ed è tutto ciò che ti resta da provare sulla pelle prima di dirti concluso, definito, acqua o terra.

C'è luce, per un attimo, ma cosa importa della luce, a chi vogliono darla a bere? Lascia la porta socchiusa e rimani con me a fare salotto, lascia che si occupi di tutto lui, click, spenta. Sei arrabbiato, posso dirlo dai tuoi occhi, perché hai ancora fiducia e amore triste, non impari mai, non riesci ad essere la bestia che vorresti e scivoli, scivoli ad ogni tozzo di pane duro in qualche tranello, scivoli nelle trappole più ovvie e credi ancora nel bene vero come una forza propria di questo mondo, proprio tu. Ma lui è un mostro, e lo sei anche tu, dovresti ora più che mai sentire una forte simpatia e un sentore di casa; ma sei arrabbiato, e non puoi fermarlo in nessun modo. Rimani qui, parliamo ancora un po', facciamo i capricci.

Crack.

Hai preso una bella botta, un bel lucernario in questo salottino. Potrei scappare da lì, da quel buco sul capo, potrei risalire la mia via fuori dalla tua testa malconcia e prendere residenza fuori dalla prigione dei tuoi pensieri, che ho fatto io per meritarlo? Fa male, fa malissimo essere costretta in un ricordo che non vuoi più e che non puoi lasciare andare. Fa male il modo in cui mi distorci e cerchi di adattarmi ad ogni momento triste, ogni giorno con una voce nuova e abiti puliti. Non è cambiato niente: eri una creatura del cielo e non sapevi volare, e ora sei una creatura del buio e non vedi un accidente; forse i tuoi occhi sono il problema, forse pecchi di ali. Sei arrabbiato. Perché? Non te lo ricordi neanche più, ma non puoi fermarlo: sei scritturato in questa sceneggiata di odio e puoi solo ballare, accanirti, ringhiare e ululare alla luna che ti rinnega, che ti sputa contro il suo dissenso quando la tua pelle brucia al suo fascino. Hai ancora una pelle e non è più quella con cui sei nato, devi aver fatto la muta, fai due più due e viene fuori che sei un serpente venefico, e se mi lasci procedere per intuito ti direi che non basterebbe tutto il male del mondo a trasformare un uomo in un rettile, forse sei nato così. Scuoti la testa, ma lo sai che è vero, nel profondo. E allora cosa rimane a un rettile, se ha il sangue caldo e può piangere? Cosa gli resta se non l'abbraccio violento di un costrittore, che cinge nelle sue spire tutto quel che può ottenere e finisce per spremerlo, per spezzarlo.

Non guardare fuori, lascia che faccia tutto lui, socchiudi la porta. Eccolo che parte, senza mani, solo magli infiniti neri e rossi come una notte di finimondo, grezzi. Un colpo, poi un altro, poi un terzo, poi un quarto. Da sopra, poi di nuovo, poi da destra, poi un montante. Quale furia cieca, non guardare: fa male, fa malissimo. Lo spezzerai per la tua inadeguatezza, per la tua notte che non finisce mai e per le tue mani inadatte a fare altro. Sei triste, lo posso vedere dai tuoi occhi, ma non sai più confessarlo a nessuno. Sei tu e non sei tu, sei acqua e sei terra, fanghiglia, una pozzanghera. Lui cosa è? Il mostro con gli occhi di faro, o il bambino dispettoso che ti faceva invidia? Tu cosa sei? Ti perdonerai ancora per il sangue versato, pagherai ancora il mondo con la stessa moneta finché non ci sarà più una goccia di buono da bere. Non credere di non essere tu o di essere salvo solo perché sei qui, devo dirtelo in severa sincerità. Tu sei tutto il male che compi, anche quello che non sai fermare, tu sei ogni scelta che hai preso e tutte le scale del grigio, del rosso. Quanta forza, quanta verve, quale prezzo insostenibile non potersi più specchiare in acque limpide senza un senso di vomito costante, essere per sempre fango.


uPsFx0o



Chiosa nella furia di Meccabi la notte sull'Ouranide buio, mentre fuori fa alba, i suoi occhi si spengono e la porta si socchiude. Ghigna malevolo, serpe è e sibila, shhhh, shhhhh. Ora non c'è pietà e compassione, solo la trama buia di questa storia a dispiegarsi, scossa. Fende, fende perché è l'unica cosa che sa fare, è il motivo delle sue mani di acciaio. Un colpo, poi un altro, poi un terzo ed un quarto. Da sopra, poi di nuovo, poi da destra e infine un montante. Cieco per la ferita al capo e pazzo per la ferita all'orgoglio, fende e distrugge ciò che resta di buono.




e38VX8N

Salute: 130-----------------------------------------Arrokoth---------------------------------------Energia: 30


Slot tecnica utilizzati: 2----------------------------------------------------------------------------------------------- Slot capacità utillizzati: 2


Capacità attive

● Autoflagellazione: Se Arrokoth si trova in uno stato di incontrollabilità dovuto ad un'abilità, può castare le sue tecniche come se richiedessero salute invece che potere.

● Armi cangianti: Le braccia di Arrokoth sono vermiglie e traslucenti, impossibili da definire in una forma. Esse possono mutare in tutti i tipi di armi da mischia, a patto che il guerriero sia in grado di sollevarle, diventando resistenti come l'acciaio comune.

● Shillelagh: Arrokoth, attivando questa capacità, ottiene una forza di sollevamento sovrumana, che gli consente di utilizzare armi altrimenti impossibili da brandire per un uomo comune.

● Mesmer: Attivata questa capacità, Arrokoth è in grado di scagliare una serie furiosa di colpi, per sopraffare l'avversario con la loro folle velocità, o per distribuire la sua ferocia su più nemici. I colpi hanno potenza nulla.


Generatori


● Affinità bestiale: Una volta per turno, se il Meccabisso è in uno stato di incontrollabilità, ottiene uno slot capacità


Tecniche utilizzate


● Ballo delle furie: Supporto. Arrokoth cade in uno stato di trance violenta, in cui assalirà ogni cosa che lo circonda senza fare distinzione tra alleati e nemici. Inoltre durante l'effetto di questa tecnica il Meccabisso non potrà elaborare complesse strategie. Il figlio dell'astro buio potrà attivare due proprie capacità come se non costassero slot per ogni turno di attivazione di questa tecnica.
[Consumo medio, potenza media: durata 4 turni]


● Pergamena rivelatrice: Arrokoth sa schermare la sua mente da quasi tutte le influenze esterne a quella di Meccabi, l'astro nero, proteggendo oltre al suo corpo il suo senno.
[Consumo medio, potenza media]



Stato Psicofisico


Afflitto dal rimorso, intrappolato nella sua mente, ciecamente furioso.
Danno medio alla testa.
Danno medio diffuso sul corpo (consumo pergamena rivelatrice)


Riassunto azioni


Se quello di prima era un post introspettivo, questo lo è per dieci volte. Ho deciso di gestire così i momenti di furia di Arrokoth, come momenti di flussi di pensieri scollegati dall'azione che viene solo narrata dalle voci nella sua testa, di varie donne importanti della sua vita che si sovrappongono l'un l'altra in un miasma indistinguibile. Questo perché la sua furia consiste nella presa di possesso del suo corpo da parte di Meccabi, lasciando di fatti Arrokoth fuori dall'azione. Sto ancora adattandomi, ovviamente. Spero comunque che risulti abbastanza chiaro: Arrokoth vede il bambino trasformarsi e sente immediatamente la furia incendiarsi in lui. La malia di "stordimento" viene assorbita del tutto dalla mia difesa psionica, che si attiva quasi inconsciamente (consumando vita invece che energia). Ho deciso di fargli incassare il colpo alla testa dato che, pur vedendo gli occhi del bambino, non vede le braccia (O almeno non bene), e l'ho trattato come un medio considerata la capacità di super forza, ma anche il fatto che stesse usando un'arma improvvisata. Non ho approfondito sul dolore che sente il corpo di Arrokoth (ovviamente presente) nello spirito di totale distanza che il post esprime. Ormai cieco ad ogni ragione e sentimento che provava prima, il corpo di Arrokoth reagisce in maniera furiosa: tramutando i suoi arti in grossi magli pesanti e scagliando 4 colpi verso il vampiro (ho pensato che 4 fosse un numero giusto data la mia capacità analoga a turbinio del predone): due dall'alto verso il basso diretti alla testa, poi uno da destra verso il fianco, e l'ultimo è un montante. Arrokoth rimane pressoché immobile per l'interezza del turno, curva solo la schiena quando riceve il colpo, per il resto non mostra espressioni se non un ghigno poco accomodante.


Note e osservazioni


- Ho indicato 2 nella sezione "slot capacità utlizzati" perché due delle quattro capacità in questione le uso senza slot grazie a Ballo delle furie.

-Spero che nella sua confusione il post non risulti tanto inaccessibile da essere spiacevole e inconcludente, ovviamente molti dei riferimenti sono cose che si approfondiranno in seguito.

-Sì, ho preso spunto dal finale di Evangelion



wh0tDw9

 
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view post Posted on 3/5/2020, 21:14
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Occhio per occhio, dente per dente. La realtà piombò di nuovo addosso al ragazzo con una violenza tale che aveva la forma di un maglio d'acciaio, con cui non si sarebbe mai atteso di scontrarsi. E come la sua testa veniva colpita una, due volte, il vampiro emise un grido atroce. Il suo corpo tremò convulsamente, tutto insieme, e lasciò andare la presa dei suoi artigli. Grattò sulla terra umida con le unghie dure e grigie che aveva ai piedi, balzando indietro con due scatti pieni d'adrenalina che gli evitarono di restare di nuovo colpito da quelle braccia mostruose. Retrocedette nel buio della grotta, dove avrebbe potuto fermarsi un istante a leccarsi le ferite. Restavano soltanto gli aloni azzurrognoli che aveva per occhi, ma che si facevano sempre più fiochi mano a mano che perdeva i tratti della sua forma ferale. E poi, come se si fosse reso conto soltanto allora del sangue caldo che gli sgorgava dalla fronte, singhiozzò per il dolore. Si strinse la testa fra le mani, impiastricciandole subito di rosso. Pianse, come un qualsiasi ragazzino sapeva fare, perché non aveva mai conosciuto un male talmente insopportabile. Perché stava perdendo l'equilibrio e barcollava, ed era oltremodo arrabbiato. C'era qualcosa in quell'estraneo - che ora aveva paura a pensare la sua preda -, un'insidia che gli aveva strappato via la ragione. L'aveva costretto a fare un passo falso, quasi letale. Il cavernicolo gridò un'ultima volta, chiudendo gli occhi in lacrime. L'eco del suo pianto disturbò le creature dormienti della caverna, che si misero a squittire nella loro moltitudine, a volare in stormi tutt'attorno.
- Non sai in che rogna ti sei messo, bastardo! alzò la voce per insultare Arrokoth, e poi strinse i denti: - Ora dovrai fare i conti con lui.

Una catena di globi luminosi si schiuse sulle pareti della caverna, ronzando col ventre fino a trovare ciascuno un pertugio dove fermarsi. Dividendosi quello spazio tetro, le lucciole portarono un'alba artificiale fino alle profondità della terra. L'estraneo avrebbe potuto vedere, ora, il male che aveva fatto al ragazzino, che guardava in direzione di un'alcova dove le pareti di roccia si stringevano. Ansimava, parlando tra sé e sé.
- Oh, sta venendo a prenderti, pregustava la sua vendetta, e con quelle parole sembrò evocare il mostro che proprio ora stava facendo il suo ingresso. Comparve prima un muso cornuto, due occhi azzurri come specchi d'acqua, grandi orecchie appuntite. Yvran, questo era il suo nome, aveva grinfie sottili e aguzze, una pelle nuda e rosea al posto delle scaglie, ma la sua mole era certamente quella di un drago. Nonostante la sua stazza, emerse dalla sua tana con grazia serpentina e gli bastò un battito delle sue enormi ali per librarsi in volo nel mezzo dell'apertura, sostando nell'aria di fronte ad Arrokoth con la sua magnifica e minacciosa presenza. Parlò con una voce gutturale, illuminandosi nel petto col suo respiro, ma era una lingua antica e sconosciuta ai più. E poi di nuovo, ma questa volta le sue parole erano accompagnate da una volgare traduzione che perforava il cranio dell'estraneo e si faceva strada nella sua mente, dove poteva tuonare con voce spaventosa.
- Sporco, sudicio. Disgustoso!, il drago lo apostrofò scuotendo la coda, sopra cui erano disegnati numerosi anelli di peluria. Aveva connotati affini a quelli di un ratto, certo, ma la luce che aveva tutt'attorno rendeva un peculiare e sinistro fascino alla creatura.
- Yvran!, lo chiamò il ragazzo, mentre brancolava al riparo dietro le ali pallide, Non è umano, quel mostro. Uccidilo, Yvran, fallo andar via!
Il drago disegnò un arco sopra la testa di Arrokoth e si posò con le quattro zampe sulla sommità di un masso sopraelevato alle sue spalle. Da quella posizione avrebbe potuto avventarsi con facilità sul malcapitato, se mai avesse deciso di tentare la fuga. Quindi aprì le fauci, sibilando con la lingua biforcuta, e con esse rivelò una luce bianca e fredda in fondo alla sua gola, che pure sembrava bruciare come il fuoco.
- E allora dimmi, feccia, come vengono chiamati i tuoi simili, lo colpì alla mente con le sue parole, come se con quel suo fuoco volesse imprimere un marchio nei suoi pensieri, Che cosa speravi di trovare qui, mostrandoci la tua faccia e la tua violenza?
Il drago soffiò dalle narici, sotto l'unica chiazza di pelo nero che aveva sul muso, dilatando anch'esse con la luce del suo respiro. Al contrario della sua prole, non aveva alcuna fretta di mettere una pietra sopra quel fortuito incontro. Lo straniero si rifletteva sui suoi grandi occhi spettrali, che lo squadravano senza sosta. Era troppo grande, certo, per poter diventare un suo tesoro. Troppo brutto, per di più. Ma questo non gli impediva di giocare un po' col suo orgoglio, fino al sorgere della sua morte.
- Dì, un motivo, lo intimò, un motivo per cui dovrei risparmiarti.



SPOILER (click to view)

QM POINT
La caverna si illumina tutta grazie alle lucciole, mettendoti in condizione di vedere come se fosse giorno. I tuoi primi due colpi infliggono una ferita critica sul ragazzo, ma le sue grida hanno risvegliato Yvran, un drago dotato di un soffio affine all'elemento luce. Yvran sbuca nella grande apertura in cui vi trovate, esercitando un'influenza di natura psionica e potenza nulla: finché lo guardi emettere la sua luce, ti sembrerà che la pelle del tuo intero corpo stia bruciando per il freddo (un effetto paradosso). Il drago si è posato su una roccia alle tue spalle, nella direzione da cui sei venuto. Il ragazzo, invece, retrocede in direzione della tana in cui avevi percepito la presenza con il tuo auspex.

In questo turno potrai rispondere alle provocazioni di Yvran e, come sempre, agire in totale libertà. Considera soltanto che il drago, dalla sua posizione sopraelevata, è pronto ad attaccarti al primo passo falso. Buona scrittura (:



Edited by Indovino‚ titubante - 10/22/2020, 04:05 PM
 
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view post Posted on 27/5/2020, 14:38
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Il cranio del piccolo mostro esplode in una fontana di vino ferroso, sgorga dappertutto e si insinua nelle narici e si appiccica ai capelli, e sotto le unghie, in mezzo ai denti. Urla come un bambino privato del suo gioco, rantola come un serpente privato del capo.
Resta con noi, Arrokoth, e non guardare. Ora lui vuole parlare a tuo nome, e tu lascialo fare e saprai a chi hai stretto la mano. Sentilo mentre l'ente fenomenale ingurgita e vomita e rumina il sangue ancora bollente di quelle membra giovani, produce gargarismi grotteschi che echeggiano gorgoglianti nella grotta come gracidii gravidi di morte, spruzza rivoli ebri che scivolano agli angoli delle fauci e sul petto e poi nelle pozzanghere sparse, plik, plik. Urla il piccolo mostro, muove accuse, piange e cerca una via di fuga, dopo che un istinto primordiale lo ha salvato dagli ultimi colpi dei tuoi arti guerreschi, Arrokoth. Come ti senti? Invincibile, con tutto ciò che ne consegue, smisurato. Cosa senti? Nulla, solo una nausea leggera, un capogiro di potere e ferro sul palato. Minaccia di nuovo, il bambino, trascinandosi verso gli angoli bui della grotta. Lui sta venendo a prenderti, Arrokoth. Hai paura? Mai, mai più.

Finalmente un'alba sotterranea sorge nella caverna, nottoline e insetti pulsanti di luce rifrangono la loro energia azzurrognola per ogni anfratto, accendendo l'ambiente sul crimine commesso. Pozzanghere di acqua placida e limpida ora vengono piano corrotte da una nube di sangue sporco, tutto attorno al tuo corpo. Ma ora c'è dell'altro, una seconda voce antica e imperiosa bombarda ogni angolo della grotta con le sue parole di disgusto, e qualcosa fa breccia nella membrana opaca del senno. Freddo.

Ogni luce si spegne, in un vuoto nero solo il corpo ancora candido dell'Ouranide e quell'ente impossibile da descrivere si fronteggiano per qualche attimo. Soli, dopo tanto tempo, nel teatro della sua mente.


Puoi essere onesto con me? Non mi tirerò indietro, se è di questo che hai paura, non farò niente per impedirti. Ma non accetto di essere raggirato, mai più. Mi hai mentito? Avevi promesso: mai più freddo per questa pelle di piombo. Mai più caldo, solo il tepore incerto e Purgatoriale. Eppure eccomi raggelare ancora una volta, come con quel corpo buono a nulla, mi hai mentito. Lo sento sulla pelle, lo sento, la sensazione peggiore del mondo, la sento nelle ossa. Quel gelo che fa battere i miei denti e appesantisce il mio petto, lo sento come volesse divorarmi e strappare il mio scheletro dal suo involucro. Mi hai mentito, questo non posso accettarlo, non voglio mai più provare questa sensazione, e tu lo sai. Tutto, tutto il sangue, tutto il dolore, tutto il disgusto, ma mai più freddo.

“Pazienza” sussurra una voce formata da mille suoni disparati cuciti insieme, buca i timpani lasciandosi una scia di fischi alle spalle. “Un figlio di Ouroboros è qui per noi”, rincara tra i suoni distorti. “È sua la colpa, ma è per noi l'occasione”. L'ente si assesta in una pozza di fumo verticale, sospesa nel vuoto cupo in cui tutti lo abbandonarono. “Osserva, e lascia che sia io a trattarlo”



Il fumo traccia allora i contorni della grotta illuminata, e la figura piuttosto straniante del figlio di Ouroboros. Un Drago. Immensamente diverso dalla furia nera che sorvolò il carro la notte prima, colossale si posa su di una roccia impervia, con i suoi colori tenui e gentili a distinguere la sua natura e, forse, rivelare la sua indole. Yvran, così lo sentì chiamare nei rantoli sanguigni del piccolo mostro, spalanca le fauci del suo capo cornuto, rivelando una luce intensa gorgogliare nelle profondità del suo ventre. Il soffio di un drago, l'arma ancestrale della progenie dell'antico Dio. Qualcosa per cui valeva la pena soffermarsi e conoscere.

"Non è umano, quel mostro. Uccidilo, Yvran, fallo andar via!"

Piuttosto ironicamente, la figura del mostro lo apostrofò in questo modo. Arrokoth avrebbe voluto rispondere a tono, con sarcasmo pungente, ma rimase muto e immobile. La voce del drago fu anticipata da suoni brucianti che rafforzarono la morsa del gelo sulla pelle.

"E allora dimmi, feccia, come vengono chiamati i tuoi simili"

L'Ouranide avvertì la voce scivolare nella sua gola, rispondere alla provocazione con una risata sommessa e innaturale. Rimase calmo nella quiete della sua testa, mentre mani affilate lo carezzavano sul capo e sulla colonna, facendo muovere incontrollatamente i suoi piedi in micro spasmi e brividi sonnolenti. Ora l'immagine nel fumo riprendeva l'intera scena dall'alto, lasciando che come in un gioco di specchi Arrokoth vedesse i muscoli tesi del suo corpo, fradicio di sangue altrui. Gli diede uno strano piacere, mentre ancora le mille dita di Meccabi solleticavano e ammansivano il suo senno.

"Che cosa speravi di trovare qui, mostrandoci la tua faccia e la tua violenza?"

Qualcosa gli suggeriva che avrebbe dovuto difendersi da queste accuse. Ma non aveva nulla da dire a sua discolpa, né un motivo per farlo, e rimase ancora zitto.

"Dì, un motivo"

Fece una lunga pausa in cui quel freddo ustionante sembrò diventare insopportabile.

"un motivo per cui dovrei risparmiarti."

L'unica risposta fu un ghigno corrugato sulla bocca da fuoco di Arrokoth, mentre entrambe le mani si mutarono in lame corte a doppio filo e gli occhi fecero una rapida spola tra il mostriciattolo, che intanto tentava la fuga, e l'antica creatura, nuda in posizione soprelevata.

“Parleremo, ma alle mie condizioni” rispose solo allora il corpo e chi lo brandiva. Guardò la scena con distacco innaturale, ebbro di quella sensazione di potenza inestinguibile, mentre le lame bucarono il ventre proprio sotto le costole, e il ghignò si spezzò per un attimo in un vagito pieno di sangue, prima di riprendere la sua posizione. Spalancò gli occhi verso il gigante alato e lo fissò con una carica violentissima e pesante, tanto da far sentire chiunque schiacciato a terra. L'occhio, scrinato da una lacrima nera, esercitò la sua carica maligna sugli occhi di lago del dragone. Le lame si tramutarono nuovamente in mani, scivolando via dalle ferite e lasciando due cascate rosse gemelle scendere dal costato. Non rimase a guardare gli effetti della sua maledizione, nonostante tutto il sangue versato nel rito macabro, che ora risuonava come flutti ghermenti nella quiete della sua testa, sempre più leggera. Si lanciò invece in uno scatto feroce in direzione del piccolo mostro, superando le asperità del terreno con passi ferali e scoordinati, portandosi in prossimità della sua preda. Osservò anche lui con lo stesso sguardo gravissimo, che ora appariva nella mente del bambino come l'occhio infallibile di Meccabi, instillando in lui una tale paura da disconnettere il suo senno e le sue azioni. La mano destra mutò fino all'avambraccio in una lunga lama di falce nera e vermiglia, mentre la mancina andò per afferrare il corpo sconquassato di quella creatura, che per un attimo solo considerò innocente. “I miei simili hanno lasciato queste lande anni or sono. Io sono lo Zenita che è precipitato dalla Luna nera fino al mondo, e ” disse mentre il corpo compiva l'ultimo slancio per intrappolare la creatura tanto cara al drago in una stretta letale “uno strumento nelle mani di Meccabi, perché tutto si muova”

Ciò che cerco è l'eclissi dell'ultimo lume bianco, figlio di Ouroboros.

Non è ciò che cerchi anche tu?


Così dissero all'unisono tutte le voci, antiche e nuove, esterne e interne, proprie e altrui, di Arrokoth.



uPsFx0o




e38VX8N

Salute: 190-----------------------------------------Arrokoth---------------------------------------Energia: 30


Slot tecnica utilizzati: 2----------------------------------------------------------------------------------------------- Slot capacità utillizzati: 2


Capacità attive

● Autoflagellazione: Se Arrokoth si trova in uno stato di incontrollabilità dovuto ad un'abilità, può castare le sue tecniche come se richiedessero salute invece che potere.

● Armi cangianti: Le braccia di Arrokoth sono vermiglie e traslucenti, impossibili da definire in una forma. Esse possono mutare in tutti i tipi di armi da mischia, a patto che il guerriero sia in grado di sollevarle, diventando resistenti come l'acciaio comune.

● Shillelagh: Arrokoth, attivando questa capacità, ottiene una forza di sollevamento sovrumana, che gli consente di utilizzare armi altrimenti impossibili da brandire per un uomo comune.

● Mesmer: Attivata questa capacità, Arrokoth è in grado di scagliare una serie furiosa di colpi, per sopraffare l'avversario con la loro folle velocità, o per distribuire la sua ferocia su più nemici. I colpi hanno potenza nulla.


Generatori

● Affinità bestiale: Una volta per turno, se il Meccabisso è in uno stato di incontrollabilità, ottiene uno slot capacità.


Tecniche utilizzate

● Meccabishaar, occhio della luna II: Fattura. Concentrandosi in un rituale masochistico e repellente, il Meccabisso instilla un tale terrore nel corpo del nemico che egli non sarà più in grado di muovere un muscolo, finché la tecnica non verrà contrastata adeguatamente.
[Consumo critico, potenza critica]


● Meccabishaar, occhio della luna I: Fattura. Con la sua presenza terrifica il Meccabisso può instillare un attimo di paura nel cuore di un nemico, rallentando gravemente i tempi di reazione della prossima azione semplice dell'avversario nel prossimo turno.
[Consumo nullo, potenza nulla]



Tecniche attive

● Ballo delle furie: Supporto. Arrokoth cade in uno stato di trance violenta, in cui assalirà ogni cosa che lo circonda senza fare distinzione tra alleati e nemici. Inoltre durante l'effetto di questa tecnica il Meccabisso non potrà elaborare complesse strategie. Il figlio dell'astro buio potrà attivare due proprie capacità come se non costassero slot per ogni turno di attivazione di questa tecnica.
[Consumo medio, potenza media: 2/4 turni]



Stato Psicofisico

Intrappolato nella sua mente, eccitato, malevolo
Danno medio alla testa.
Danno medio diffuso sul corpo (consumo pergamena rivelatrice)
Danno critico al costato (consumo paralisi critica)


Riassunto azioni

Post spero abbastanza chiaro: Arrokoth è ancora intrappolato nella sua mente, mentre Meccabi (l'ente che domina la sua furia) agisce per suo conto e a suo nome. Ha finalmente la possibilità di parlare allo stesso, e di osservare compiacente quanto accade. Ormai totalmente spietato verso il bambino ingannatore, gode nel vederlo ritirarsi livido, prima dell'arrivo del drago e dell'odiato freddo, un tema molto importante per Arrokoth. Deliziato dalla vista del drago, che ritiene il perfetto mezzo per la distruzione della luna bianca, lascia che sia Meccabi a parlare (ovviamente, non è e non vuole essere chiaro se sia davvero un'altra persona a parlare, piuttosto che Arrokoth stesso), non si difende dalle accuse, e trovandosi in situazione di svantaggio opta per una mossa disonorevole: cerca di paralizzare il drago con un rituale di sangue di potenza critica, per poi lanciarsi in direzione del bambino. A pochi passi da lui usa la sua paralisi nulla per provare a rallentarne i tempi di reazione, e sfruttando ciò, più lo stato confusionale del bambino, prova a prenderlo in ostaggio. Se l'idea procede per come ideata, Arrokoth cingerà il bambino portandolo di fronte al suo corpo, sollevandolo con una mano (capacità di sollevamento), mentre il suo braccio destro, tramutato in una lama curva, premerà contro la sua gola. L'ultima frase viene pronunciata dopo la riuscita o non riuscita dell'azione.


Note e osservazioni

- Nottolino/nottolina è un termine deliberatamente inventato da me, corrisponde al modo in cui gli abitanti di Zena chiamano le lucciole.

- Mi scuso tantissimo per il ritardo.


wh0tDw9



Edited by Ulysses BRB - 28/5/2020, 19:27
 
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view post Posted on 22/10/2020, 16:22
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Non è affatto semplice dire quello che sto per dire. Così potrebbe spiegarsi, forse, per quale motivo il ragazzo inselvatichito avesse una testa così dura, dura come il coccio, ma non appena lo straniero si avventò su di lui, divenne rigido e freddo. Immobile, persino, e non aveva niente che potesse far pensare si trattasse di un animale, se non la sua ombra. Mentre Arrokoth, o uno degli spiriti che dimoravano nel suo corpo parlava, sarebbe arrivato il momento per lui di rendersi conto che, di fronte a sé, aveva una pietra. Una pietra che cresceva dal terreno e si arrotondava mano a mano che si avvicinava alla sua punta. Il drago, quello era più distante, ma era pur sempre una forma dell'immaginazione sulla parete di roccia. Le lucciole si dispersero e tornarono da chissà dove erano venute, o almeno così si poteva pensare. Anche se le avesse cercate a lungo non ne avrebbe trovato traccia. Senza di esse la caverna era sprofondata rapidamente nel buio ed era fredda, davvero fredda quanto il soffio di Yvran, perché sotto terra si gela più che all'aperto, di notte, sotto la pioggia. Nessuno può dire se Yvran e la sua prole fossero mai esistiti, se fossero i rimasugli della loro energia vorace a predare chi si avventurava nell'antro sperduto. Soltanto Arrokoth l'avrebbe potuto credere - e forse sarebbe stato meglio -, per raccogliere il corpo infreddolito e riprendere il suo viaggio.


SPOILER (click to view)

QM Point

La chiusura potrà sembrarti un po' cheap, a confronto con il resto della giocata, ma è il modo migliore che ho trovato considerando il tempo che è passato e la mancanza di spunti importanti. E' un finale breve e aperto, così che tu possa raccogliere la palla al balzo e approfondire, oppure lasciare la storia così com'è. In entrambi i casi funziona, penso. Ti ringrazio per la pazienza e per l'entusiasmo con cui hai risposto, anche senza una trama elaborata. Ora veniamo ai giudizi.

Scrittura
Questo è sicuramente il campo che ti rende più originale. Hai un gusto tutto tuo di scrivere, di abbellire il testo (ti si può prendere in giro, a volte, but you still do your thing) e di esprimere tutto ciò che sta dietro al tuo personaggio. Ti piace giocare con le parole, utilizzare un lessico abbastanza ricercato e, a volte, anche inventato. Al di là dei pareri personali, penso che questo sia il segno di un giocatore maturo. Una volta che hai trovato il tuo stile, non ti resta che affinare il modo con cui comunichi al lettore. Su questo punto, ed è un'opinione personale, vorrei consigliarti di rendere più vivo il personaggio: chi è, che cosa fa, quali sono le sue motivazioni; un modo per ottenerlo potrebbe essere sacrificare un po' di virtuosismo e pensare di più al lettore mentre scrivi. Questo potrebbe anche aiutare a rendere le azioni più chiare per chi gioca con te, senza dover affidarsi eccessivamente al riassunto nello specchietto. Overall, buon lavoro.

Strategia e Sportività
Non ho molto da dire su questo campo. Sarebbe spettato a me metterti in difficoltà, ma probabilmente su quello che concerne il regolamento tecnico sei anche più ferrato di me. L'arrivo doveva mettere a prova questa tua conoscenza, e l'hai superata. Forse l'unico dubbio che può venire è sull'utilizzo di un'abilità un po' grigia, come Ballo delle furie, e su come interpretare al meglio l'impossibilità di elaborare strategie complesse. Un giocatore più conservativo non avrebbe diviso l'azione in un attacco contro il drago e uno contro il vampiro, ma credo che la tua reazione rientri nei termini, pur dimostrandosi molto efficace dal punto di vista strategico.

Tralasciando le tempistiche di questa giocata, perché purtroppo la pausa ci ha coinvolti tutti, spero che sia stata un'esperienza significativa per te e il tuo personaggio. E' ora di smetterla con gli scherzi, quindi, e di promuoverti a Energia Verde. Goditela finché non verrà modificato il regolamento e, mi raccomando, non montarti troppo la testa.

Assegno 700 exp. a te per la promozione e la giocata d'introduzione, 500 exp. a me per la gestione. Aggiorno i conti.

 
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7 replies since 26/3/2020, 17:26   234 views
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